Invecchiamento attivo, una buona prassi anche in RSA

Che prevenire sia meglio che curare è un concetto ormai risaputo. In riferimento alla terza età non c’è miglior forma di prevenzione di quella che viene definita come “invecchiamento attivo”. Questo concetto, che concerne lo stato psicofisico delle persone, non è collegato a un’età particolare, perché ciascuna fase della vita è contraddistinta da aspetti positivi, che vanno sempre valorizzati, in modo da trascorrere un’esistenza di qualità. L’invecchiamento attivo andrebbe dunque promosso anche fra gli individui con più di 65 anni, compresi gli ospiti delle RSA.

Efficienza, utilità, coinvolgimento

Per delineare bene il concetto di “invecchiamento attivo” è opportuno riprenderne la definizione fornita dall’OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) nel 2002, che lo ha descritto come “il processo di ottimizzazione delle opportunità di salute, partecipazione e sicurezza per migliorare la qualità della vita delle persone che invecchiano”. Nel documento di strategia dell’OMS intitolato “Active ageing. A policy framework” sono indicati i tre pilastri principali utili a sostenere un invecchiamento attivo, ossia la salute, la partecipazione e la sicurezza. Un approccio del genere consente di realizzare il proprio benessere fisico, sociale e mentale durante la vita, partecipando personalmente a una società che da parte sua fornisce adeguata protezione e cura.

“Il termine ‘attivo’ non si riferisce soltanto all’essere fisicamente efficienti, ma anche alla partecipazione in età avanzata alla vita economica, culturale e civica della comunità. Per esempio, gli anziani possono rappresentare un valido aiuto sia per le proprie famiglie sia per i propri coetanei” sottolinea il dottor Antonio Ferro (foto), direttore generale dell’Azienda Provinciale per i Servizi Sanitari di Trento e past president della SItI (Società Italiana d’Igiene). Invecchiamento attivo significa dunque essere attivi o attivarsi in modo formale o informale in uno o più ambiti della sfera sociale e anche personale, scegliendo liberamente le attività in cui impegnarsi, a seconda delle proprie aspirazione e motivazioni, ispirandosi ai principi dell’Organizzazione Mondiale della Sanità.

Mente e corpo sono un tutt’uno

Alla luce dei suoi effetti positivi, l’invecchiamento attivo va considerato come un vero e proprio strumento di prevenzione per aspirare quanto più possibile a trascorrere la fase finale della vita in buone condizioni di salute. Sono tanti gli studi scientifici che mettono in evidenza come un invecchiamento attivo comporti benefici per la salute fisica e psicologica. “Se si considera che nelle ultime fasi dell’esistenza viene utilizzato circa il 70% delle risorse che la comunità mette a disposizione per la salute del singolo si evince chiaramente che l’invecchiamento attivo ha ripercussioni positive anche sulla società” osserva il dottor Ferro. Questa forma di prevenzione contribuisce infatti a risolvere alcune delle principali sfide legate all’invecchiamento della popolazione. Uno dei motivi per cui è opportuno promuoverla è che le persone in Europa (e in particolare in Italia) sono sempre più longeve e l’ideale sarebbe non soltanto aggiungere “anni di vita” ma “vita agli anni”.

Se è nota l’importanza di invecchiare attivamente sotto l’aspetto fisico promuovendo stili di vita sani, meno lo è quella di invecchiare bene sotto l’aspetto mentale. “Anzitutto è bene precisare che il movimento ha ripercussioni positive anche sulla sfera psicologica, aiutando a tenere alto il tono dell’umore. Inoltre, contrasta il decadimento cognitivo e contribuisce a preservare preziose abilità, quali l’equilibrio, che a sua volta contrasta le cadute accidentali, che sono la principale causa di fratture del femore, che spesso compromettono l’autonomia”, sottolinea il dottor Ferro.

Anche la lettura, specialmente se fatta in gruppi, è uno strumento efficace di contrasto all’invecchiamento e lo è ancor di più se c’è la possibilità di un confronto multigenerazionale. Anche dedicarsi a hobby, quali per esempio giochi enigmistici e da tavolo, allena la mente, preservando un’importante capacità quale l’attenzione; in tale contesto non si può certo dimenticare la musica, che risulta funzionale per scoprire, mantenere attive o rafforzare le facoltà di ascolto, analisi e ragionamento.

Le RSA al centro della comunità

Quello dell’invecchiamento attivo è un modello da promuovere anche all’interno delle RSA. Nello specifico, in questi contesti è auspicabile preservare quanto più possibile l’autonomia di ogni ospite, facendo leva sul livello di abilità e competenze di ciascuno in un ambiente che sappia accompagnare a conservare tali abilità in uno spazio adeguato e con un personale preparato. Richiamando l’importanza di promuovere stili di vita sani, anche in queste strutture è fondamentale curare l’alimentazione, favorendo il consumo di pasti adeguati dal punto di vista nutrizionale, gradevoli sotto l’aspetto del gusto e svolti in un contesto accogliente in cui venga favorita la relazione. È inoltre importante promuovere il movimento, cercando di rafforzare le abilità residue e contrastando così le cadute.

Per la sfera psicologica si possono proporre esercizi che potenzino la mente e contrastino la depressione. La letteratura scientifica ha infatti dimostrato che gli interventi di potenziamento cognitivo rallentano il declino delle capacità mentali mediamente di 5 anni, favorendo così l’autonomia dell’anziano. Inoltre, è utile favorire iniziative quali la cura di un orto, la pet therapy, musicoterapia, incontri su temi di attualità, arte e solidarietà utili a far sentire gli ospiti delle RSA come persone che fanno ancora parte della comunità. “Andrebbe preso come esempio il modello delle RSA del Trentino Alto Adige, che non sono strutture isolate dalla società civile, ma al contrario rappresentano una sorta di ‘piazza’ del territorio in cui si trovano” conclude il dottor Ferro.